Le reti e il territorio

Il Comitato Bertalia-Lazzaretto

il quartiere che non si arrende alla speculazione

di Antìgene

Dentro la lotta del Comitato Bertalia-Lazzaretto Storico contro il nuovo saccheggio urbanistico di Bologna.

Dalla memoria alla mercificazione

Bertalia e Lazzaretto non sono soltanto due toponimi in un piano regolatore: sono quartieri popolari che hanno fatto la storia della città, luoghi di lavoro, di migrazione, di comunità. Oggi, nel nome della “rigenerazione”, rischiano di essere divorati da un modello di sviluppo estrattivo, che spaccia marketing urbano per progresso.

Grandi parole: “distretto innovativo”, “città della conoscenza”, “verde e sostenibilità”. Grandi interessi: studentati privati, uffici direzionali, residenze di pregio e investimenti immobiliari. Chi paga? Gli abitanti. Chi decide? Non certo chi vive qui.

Il PUG e la retorica tossica del green

Il Piano Urbanistico Generale ha un obiettivo non dichiarato: trasformare Bertalia-Lazzaretto in una piattaforma di rendita. Si parla di “cura del ferro”, ma intanto i cantieri soffocano il quartiere. Si promette “verde pubblico”, ma si consegnano vasi e rendering patinati. Il marketing è sostenibile, la vita reale no.

Dietro la parola “rigenerazione” c’è la stessa logica che ha già stravolto altre aree: Navile, Manifattura Tabacchi, Mercato San Donato. Ovunque lo stesso copione: espulsione sociale, gentrificazione, precarizzazione.

Cantieri infiniti, città invivibile

Chi passa oggi per Bertalia-Lazzaretto vede barriere, polvere, rumore. Chi ci vive affronta viabilità distrutta, servizi mancanti, isolamento fisico e sociale. Bologna è diventata la città del perenne stato d’eccezione edilizio: la vita quotidiana è sacrificata a favore di cantieri che sembrano eterni.

Il comitato denuncia zero processi partecipativi veri: gli incontri pubblici sono scenografie dove il progetto è già deciso. Le scelte calano dall’alto, con la complicità di giunte e uffici tecnici.

Chi lotta per la città reale

Il Comitato Bertalia-Lazzaretto Storico non si limita a dire “no”: propone alternative. Difende il patrimonio architettonico e sociale, chiede verde vero, non cosmetico, spazi condivisi, mobilità sostenibile per chi abita, non per gli investitori.

In tempi di PNRR, PUMS e PUG, questi cittadini ricordano che la città non è una merce, ma uno spazio di vita. E che la “transizione verde” non può diventare una foglia di fico per la speculazione.

CRONOLOGIA DELLA RESISTENZA

  • 2018 – Prime denunce contro i rendering di “città innovativa”.
  • 2019-2021 – Lettere e petizioni contro il consumo di suolo e l’assenza di verde reale.
  • 2022 – Nasce la rete con altri comitati contro il PUG.
  • 2023 – Flash mob e azioni pubbliche contro i cantieri “infinito”.
  • Oggi – Battaglia aperta contro la nuova ondata di speculazione mascherata da sostenibilità.

LA MAPPA DELLA SPECULAZIONE

  • Ex aree ferroviarie → trasformate in residenze di lusso.
  • Studentati privati → business immobiliare travestito da housing sociale.
  • Uffici e coworking → il solito “ecosistema innovativo” per start-up e rendite.

Il punto politico: Bologna come laboratorio di espulsione sociale

Quello che succede a Bertalia-Lazzaretto non è un caso isolato: è il modello Bologna, quello che vende il brand di “città progressista” mentre smonta pezzo per pezzo la sua identità popolare. È la stessa logica che vediamo nel centro gentrificato, nelle case diventate hotel diffusi, nella monocoltura dello studentato. Il Comitato Bertalia-Lazzaretto Storico è un argine fragile ma necessario. Perché se passa qui, passa ovunque.

Intervista a Licia Podda

Licia Podda, Biologa, partecipa alle attività del comitato Bertalia Lazzaretto e si occupa principalmente di comunicazione e organizzazione di eventi culturali per il coinvolgimento della cittadinanza.

Disboscare per costruire palazzi, studentati, asfaltare strade, togliere di fatto superficie permeabile per impermeabilizzare ulteriore suolo, quali rischi in un territorio già compromesso?
Il distretto Bertalia Lazzaretto è attraversato da sud-ovest a nord-est dalla canaletta Ghisiliera, mentre a sud, oltre la ferrovia, scorre il torrente Ravone, protagonista delle recenti esondazioni, culminate con l’inondazione del tunnel stradale di Viale Sabena. E’ evidente che questa parte della città sia vulnerabile e questo sottopasso stradale abbia funzionato da valvola di sfogo per una piena incontrollabile. Allo stesso modo dal lato opposto del tunnel (quello che porta al compartimento Bertalia-Lazzaretto) è difficile pensare che una riduzione da 71 a 31 ettari di superficie verde permeabile possa non rappresentare un fattore di rischio per nuove inondazioni. Al contrario, lo sviluppo di questo bosco urbano, fornirebbe un importante elemento per mitigare questi effetti.
Ampliare la città costruendo di fatto un nuovo quartiere, aumentando il traffico veicolare e scoperchiando rifiuti tossici interrati da tempo, quali conseguenze potrebbero esserci sulla salute dei cittadini?
Quest’area ha ospitato campi agricoli, ma soprattutto cave di estrazione di inerti per il settore edilizio ormai dismesse, riempite di materiali di diversa natura, ognuna in periodi diversi modalità e normative differenti; alcune sono state utilizzate come discariche di rifiuti (inerti per la Cava Pigna1 e della nettezza urbana per la Cava Agucchi), o presentano contaminazioni nel suolo e nelle falde (Cava Bertalia, che corrisponde alle aree in cui si sta costruendo il nuovo polo universitario). Già l’aeroporto, l’autostrada e il People Mover rappresentano importanti fonti di inquinamento dell’aria e acustico, in più il progetto che prevede l’abbattimento della vegetazione ridurrebbe ancora di più la capacità di questo habitat di assorbire rumori e gas nocivi per noi e per gli animali che qui vivono. Sono previsti, infatti, sensibili aumenti dell’inquinamento dovuto al traffico indotto dal nuovo distretto, che si colloca in un contesto già fragile, caratterizzato da lunghi tempi di percorrenza nelle ore di punta e una situazione di sovrasaturazione nelle strade principali (Terracini, Agucchi, Sabena, Manzi). Se poi pensiamo che nelle mire del comune e di Società Autostrade c’è l’allargamento dell’asse autostrada/tangenziale, ossia il Passante, insieme a numerose opere annesse, come il nuovo svincolo su via Agucchi, lo scenario diventa ancora più critico.
Un progetto datato e approvato dopo uno studio di impatto ambientale basato su dati del 2007, può essere convincente nel 2025, dopo quasi 20 anni di cambiamenti climatici, aumenti dei sorvoli aerei nella zona, traffico veicolare, implementazione rete fognaria, colonizzazione vegetale?
Lo studio di impatto ambientale, datato 2017, utilizzato per l’approvazione del progetto, è stato realizzato analizzando dati (traffico veicolare, rumore, inquinamento dell’aria, del suolo, dissesto idrogeologico precipitazioni, onde elettromagnetiche e verde: mappe vegetazionali, censimento alberi e arbusti, con rilevazione su vitalità e grandezza) risalenti al 2007.
Da sopralluoghi svolti sulla copertura vegetale è emerso come molti alberi siano già stati abbattuti e molti altri accresciuti in maniera esorbitante, restituendo un paesaggio non paragonabile in nessun modo a quello utilizzato per approvare il progetto. D’altronde risulta intuitivo anche ai profani, che basare scelte urbanistiche su parametri ambientali di 20 anni fa, non può essere accettabile in alcun modo.
Per questo si ritiene che lo studio di impatto ambientale vada rivisto utilizzando dati attuali e il progetto ricalibrato.
Va altresì rifatto il censimento degli alberi, rivalutando la tutela degli esemplari di dimensioni considerevoli e anche aggiornata la mappa della biodiversità degli arbusti che hanno una valenza interessante poiché caratterizzata, per larga parte, da specie autoctone, il che rende il comparto anche particolarmente interessante dal punto di vista naturalistico.
Può essere accettabile sostituire un bosco urbano rinaturalizzato che ha impiegato oltre 20 anni a costituirsi, con parchi cittadini progettati da architetti nell’ottica della rigenerazione verde, in cui aiuole e ciclabili vengono alternate ad alberature giovani di nuovo impianto, quali rischi si corrono in termini di perdita di biodiversità e nicchie ecologiche?
Avere un Bosco in città ha una valenza importante sia dal punto di vista naturalistico che dal punto di vista sociale; è un’entità ecologica preziosa sia per le interazioni biologiche che per la salute del cittadino in termini di qualità dell’aria e mitigazione del clima e assorbimento di acque meteoriche. Offre spazi vitali ad animali (insetti, mammiferi, uccelli, rettili anfibi), che interagiscono in maniera naturale generando un vero e proprio ecosistema naturale. Nel comparto è stata segnalata (WWF-Luglio 2020) la presenza di Rana agile (Rana dalmatina), specie protetta ai sensi della Convenzione di Berna e della Direttiva Habitat dell’Unione Europea e Tritone crestato italiano (Triturus carnifex) specie protetta in Emilia-Romagna, inclusa nella legge regionale n. 15/2006), sono solo due esempi per sottolineare come sia inaccettabile sostituire un habitat così importante con parchi cittadini la cui costituzione porterebbe all’inevitabile alterazione delle reti ecologiche che si sono generate in anni di adattamenti complessi, difficilmente replicabili in cattività. Ad ulteriore sostegno della valenza del verde spontaneo come risorsa cittadina, nel giugno 2025 la cittadinanza è stata chiamata a partecipare ad un evento di “Citizen Science” (scienza dei cittadini, o scienza partecipata), organizzato dal comitato, in cui ha potuto svolgere un rilievo scientifico di bio-monitoraggio della diversità di impollinatori, con la collaborazione di due ricercatrici dell’Università di Bologna, ed è stata messa in luce un’interessante gamma di insetti impollinatori selvatici sulle piante spontanee che colonizzano l’area.
Tutelare gli ecosistemi e le loro reti trofiche è un progetto ambizioso che non si può ridurre alla costruzione di aiuole intervallate da vialetti, piste ciclabili, asfalto e cemento. I giovani alberi da vivaio impiantati ex novo, dovrebbero innanzitutto sopravvivere e necessiterebbero di anni per avere la stessa valenza ecologica di quelli adulti, ora esistenti. Per questo non si può paragonare un bosco urbano rinaturalizzato con l’idea di una rigenerazione verde di nuova impostazione.
E’ evidente come l’area boschiva, gestita con cura, abbia una valenza ecologica, sociale didattica e culturale completamente diversa da quella di parchi cittadini convenzionali, già presenti a Bologna

Per contatti e informazioni: Cbertalialazzaretto@gmail.com