Il Museo dei bambini
Tutto quello che avreste voluto sapere ma non avete osato mai chiedere
Il cantiere per il nuovo MUBA – Museo dei Bambini è partito. Nell’area verde tra la Biblioteca Luigi Spina e Casa Gialla, nel cuore del Pilastro, entro il settembre 2027 sorgerà un edificio di 1.500 metri quadri su tre piani, con atelier, spazi di gioco, una palestra per la prima infanzia, una cucina didattica, una caffetteria e un giardino pensile a uso libero. Il progetto è finanziato nell’ambito della “Città della Conoscenza”, scelto per la collocazione in una “periferia fragile” da rigenerare, e immaginato come presidio educativo capace di attirare non solo il quartiere, ma l’intera regione.
Il museo nascerà al centro del prato che oggi collega la biblioteca e Casa Gialla. Per far posto alla struttura saranno: abbattuti quattro platani e una robinia, spostati altri alberi, compresi sette giovani esemplari piantati negli ultimi anni. Il progetto prevede la messa a dimora di 38 nuovi alberi, ma ci vorranno “anni e anni” perché facciano ombra. E l’ombra, d’estate, qui non è un dettaglio: sotto quegli alberi, oggi, si ritrovano famiglie, anziani, bambini. All’inizio il cantiere doveva occupare anche la zona antistante la biblioteca, usata per letture esterne e attività pubbliche. Dopo più attente valutazioni l’area di lavoro è stata ridotta e spostata verso Casa Gialla. Non era forse possibile spostare di pochi metri anche l’edificio per salvare gli alberi?
La scelta del Pilastro è legata a due principali ragioni: la rigenerazione di un’area periferica e la previsione – oggi sfumata – del tram linea rossa: il capolinea doveva essere a pochi metri, ma la linea si fermerà a San Donnino. Il MUBA nasce quindi dentro un contesto infrastrutturale pensato nel 2022 e già in parte superato.
La progettazione ha coinvolto: Fondazione Innovazione Urbana (FIU), classi delle scuole Romagnoli e Saffi, associazioni del territorio, un comitato tecnico-scientifico. I bambini hanno chiesto gioco, esplorazione, arrampicate, acqua, nascondigli. Soprattutto: spazi esterni da vivere, non solo un museo chiuso da guardare. Ma nessuno ad oggi sa ancora chi gestirà il museo, se il personale sarà comunale o esternalizzato, se entrerà in gioco la nuova Fondazione Rusconi – Villa Ghigi, se le attività saranno gratuite o a pagamento. Caffetteria e giardino pensile saranno ad accesso libero, ma atelier, esposizioni, attività per scuole e famiglie? Probabilmente a biglietto, ma non c’è ancora chiarezza. La preoccupazione è concreta: per far funzionare bene un museo servono soldi. Non solo per costruirlo, ma per mantenerlo, aggiornare le mostre e fare manutenzione. E chi lo farà? Con quali fondi?.
La preoccupazione principale, espressa da più voci del quartiere, non riguarda solo la costruzione del nuovo edificio, ma tutto ciò che viene dopo. I render mostrano bene la costruzione, non il funzionamento e la gestione. La caratteristica strutturale del programma sembra essere un grande sforzo per “fare” entro una scadenza, molto meno per “mantenere” e “gestire” negli anni . Il prato davanti alla Biblioteca Spina e Casa Gialla è uno spazio ampio e respirante, vissuto in modo spontaneo. Non un “vuoto” da riempire, ma un luogo informale di passaggio, sosta, gioco. E tutto questo rischia di venire sacrificato per un’opera che avrà valore solo se ci sarà una volontà politica di portarla avanti.
L’intento, del progetto è creare un polo in una zona storicamente marginalizzata, capace di offrire alle famiglie opportunità culturali nel territorio. Nella visione iniziale, MUBA, biblioteca e Casa Gialla dovevano formare una vera centralità culturale del Pilastro. Il rischio, oggi, segnalato da alcune associazioni, è che il progetto “cali dall’alto” e che le risorse già operanti nel quartiere non vengano coinvolte nella gestione dello spazio. Oggi il Pilastro è diviso tra curiosità e inquietudine. Il museo non è ancora un luogo, è un progetto. I progetti, si sa, vivono di render mentre i luoghi vivono di persone, di risorse, di manutenzione e di cura quotidiana. Il MUBA potrà diventare davvero una centralità culturale solo se sarà radicato nel territorio, se le associazioni che animano il quartiere potranno esserne parte, se no sarà solo l’ennesimo edificio ben pubblicizzato che smette di essere un pezzo di vita quotidiana. Per evitare che questo accada é richiesta più la volontà di far funzionare che di inaugurare.