Dalla città pedagogica alla città senza un piano
Dai “febbrai pedagogici” alle mobilitazioni del Comitato Besta: come Bologna è passata da capitale dell’innovazione educativa a una gestione frammentata e opaca dell’edilizia scolastica.
Negli anni 60 e 70, ogni anno a Bologna si organizzavano i febbrai pedagogici, in un periodo che vedeva grandi trasformazioni normative (istituzione della scuola media unica, i nuovi asili nido e scuole dell’infanzia comunali), pedagogisti, insegnanti e comuni cittadini dibattevano sull’organizzazione e il futuro della scuola. Il Comune disponeva di una Equipe Psicopedagogica formata da pedagogisti dell’Università: tra loro erano i Prof. Bertolini, Frabboni, Canevaro, li ricordate?
Il gruppo di architetti, dipendenti del Comune di Bologna, progettava le scuole interpretando le norme sull’edilizia scolastica, alla luce delle esigenze pedagogiche e ispirati anche dagli edifici scolastici innovativi che si stavano realizzando in quel periodo nell’Europa del nord. Si cercava di ottenere la massima flessibilità nell’organizzazione dello spazio per tenere conto delle possibili evoluzioni successive della scuola. Si sono così costruiti molti asili nido, scuole dell’infanzia, elementari e medie, perfino pubblicate in riviste di architettura, anche straniere. Venivano delegazioni da tutta Italia e dall’estero a vedere queste scuole, anche per la didattica innovativa che vi si poteva svolgere.
Nel 1983 si è fatto un piano di edilizia scolastica che ha preso in esame tutte le scuole esistenti, dal punto di vista della qualità ambientale dei siti, della disponibilità di aree esterne e della funzionalità didattica delle strutture edilizie: si è previsto di eliminare dall’uso quelle prive di area esterna, tra le quali tutte le affittanze, e anche quelle adiacenti a zone inquinate dal traffico, come quelle lungo i viali di circonvallazione.
Tutto questo per spiegare come si progettava allora, quando si pensava in primo luogo a un ambiente in cui i bambini, o i ragazzi, si trovassero a loro agio; lo standard di PRG per l’area scolastica in cui si costruiva era di 40 mq ad alunno, quindi aree grandi, così negli anni successivi sono cresciuti dei veri parchi attorno alle scuole costruite. Situazione ideale, a detta degli insegnanti, anche attuali.
Poi gradualmente la situazione è cambiata. I protagonisti di allora non ci sono più. La classe politica ha altre priorità, i progetti vengono affidati all’esterno.
A gennaio 2023 il Comune di Bologna ha pubblicato 3 pagine dal titolo: “Edilizia scolastica, piano da 100 milioni di euro”, con un elenco di interventi previsti, senza alcuna indagine sulla situazione di tutte le scuole di Bologna.
Il programma dell’Amministrazione si è limitato a ipotizzare la costruzione di nuove scuole là dove c’era un po’ di posto accanto a scuole preesistenti. Un’idea che condannava alla demolizione proprio le uniche scuole costruite al centro di grandi aree verdi e conformi alle norme più recenti in materia di Edilizia Scolastica, tra cui le Besta, le Dozza, le Zanotti.
D’altro canto l’Amministrazione non sembra disporre di alcun programma per la riqualificazione di tutti quegli edifici scolastici che insistono su aree inadeguate sotto il profilo dimensionale (Bombicci, Acri, Tambroni, ecc.) o che sono esposte a fonti di inquinamento ambientale (es. la Viscardi) o che hanno problemi energetici e sismici ben maggiori delle scuole che si vogliono sostituire.
Quando le insegnanti della prima scuola da sostituire (la media Besta) hanno visto il progetto della nuova scuola, hanno coinvolto genitori, ex insegnanti, ex alunni, abitanti delle case intorno, Italia Nostra, Bologna Storica e Artistica, Legambiente e tutte le organizzazioni ambientaliste per opporvisi.
Le motivazioni di questa forte opposizione da parte dei docenti erano legate alla struttura del nuovo edificio che avrebbe rappresentato un arretramento dal punto di vista pedagogico, passando da una scuola in cui ogni classe era dotata di accesso diretto al parco verso l’esterno e di un ampliamento interno funzionale a diverse progettualità, a una scuola di stampo tradizionale formata da aule, corridoi e grandi spazi poco utilizzati come refettorio e auditorium.
Un altro motivo fortissimo di opposizione era la previsione di abbattimento di molte decine di alberi e in sostanza la distruzione di un bosco urbano abitato anche da numerose specie animali protette e frequentato dai residenti. Sono state raccolte migliaia di firme su un documento che chiedeva la rinuncia al progetto. I membri del comitato Besta e i moltissimi sostenitori di questa battaglia hanno presidiato giorno e notte il parco impedendo la creazione del cantiere e l’abbattimento degli alberi.
In seguito a interventi pesanti della polizia contro la resistenza passiva del Comitato Besta, alla fine il Sindaco Lepore ha rinunciato alla costruzione del nuovo edificio. Ma ha spostato tutti gli utenti della scuola al Polo dinamico, una scuola che era stata costruita per utilizzi temporanei degli istituti superiori, anch’esso costituito da aule, corridoi e refettorio, senza accesso alle aree esterne, comunque molto limitate e molto poco verdi, con palestra in costruzione sul retro, presso la quale si trova una piccola area esterna priva di verde in comune con le scuole superiori adiacenti.
Adesso gli alunni, che erano abituati nella scuola Besta a fruire del parco continuamente, sono costretti a svolgere tutta la giornata scolastica in classe, ricreazione compresa.
Quello che il Comitato Besta chiede è la riqualificazione dell’edificio Besta esistente, come spiegato nel Convegno del 7 dicembre 2024, con il ritorno dei ragazzi delle medie nella scuola e nel parco pensati per loro.
Rimane anche il problema di un vero piano di edilizia scolastica in cui siano affrontati tutti i problemi (sismici, energetici, pedagogici) di tutti gli edifici scolastici, compresi quelli più vecchi, da prima dell’800 in poi, per avere, alla fine, scuole adeguate per tutti i ragazzi di Bologna. .