Lumen Racconti: L’Election Day 2027

l' Electoral Immersive Experience™

di Hansy Lumen

A Bologna nell’anno 2027, le elezioni non si chiamavano più elezioni. Si chiamavano Electoral Immersive Experience™ ed erano un evento sponsorizzato da una società di Real Estate e da una catena di baretti “autentici” per turisti americani. Il voto non si esprimeva con una scheda: si ordinava via app, con tre click e un codice sconto. Lo slogan ufficiale era: “Il futuro non è più quello di una volta!”. I candidati erano bot, realizzati grazie a fondi PNRR non rendicontati. Il Comune era diventato un coworking a pagamento. Per accedere alle stanze delle commissioni dovevi fare login con SPID e avere almeno 2.000 follower su Instagram e un certificato di selfie approvato dalla commissione etica. Altrimenti ti relegavano nel Corridoio dei Cittadini Normali, una galleria piena di cartelli motivazionali:

“PARTECIPA! IL TUO SILENZIO È RUMORE!” Ma il rumore vero era quello dei cantieri eterni che ormai erano considerati patrimonio UNESCO, con un gatto quantistico che spiegava: «Alla vostra destra la Rotatoria di Schrödinger: è in costruzione e non in costruzione allo stesso tempo.» Il giorno del voto, la città si svegliò in modalità festival. In Piazza Nettuno, gli alberi nei vasi erano stati plastificati e c’era un DJ set con gli avatar: uno era un’IA progressista che parlava in dialetto, un altro un robot sovranista con la testa a forma di tortellino, poi c’era la Influencer della Sostenibilità che proponeva di sostituire le ciclabili con piste da yoga panoramiche. Gli elettori per regolamento dovevano essere vestiti seguendo le regole dell’armocromia. Si entrava nelle cabine che erano pod futuristici con schermo OLED e appena confermavi il voto, partiva un video motivazionale in realtà aumentata con il bot di Làùdànì che diceva:

“Hai fatto la scelta giusta. Forse.” seguita da non pertinenti citazioni di Adorno. Forse anche per questo l’affluenza finale si attestò all’11%. Ma Repubblica titolava:

“Partecipazione record! Bologna conferma la sua vocazione civica.” mentre il Corriere:

“Boom di consapevolezza digitale: i cittadini scelgono il voto liquido.” e per finire Il Carlino:

“Si vota col poke bowl: ma che spettacolo in Piazza Maggiore il concerto di Cremonini!” L’89% di astensionisti fu inserito automaticamente in un progetto pilota di educazione alla Cittadinanza Digitale Coatta, che prevedeva lavori socialmente utili come piantare un albero, abbatterlo e ripiantumarlo il giorno dopo. La notte dello spoglio, in diretta TikTok, il vincitore fu annunciato: era l’Avatar del Non Candidato Mazzotti. Nessuno l’aveva votato, ma aveva ottenuto il 100% dei like grazie alla solita bug di programmazione di Lepida. Si materializzò davanti a tutti come una nuvola di pixel e pronunciò in italiano stentato:

«Abbolirò la realtà perché non è mica più sostenibile, ‘gnoranti!» Così il giorno dopo Bologna era una skin scaricabile a pagamento. Chi aveva votato poteva entrare in modalità Premium Pack™, con rendering 3D dei portici e filtri vintage in “P.C.I. Mode”. Gli altri restavano nella zona Free Trial, una versione semplificata della città, con solo due strade e l’androide della Emily che ti chiedeva insistentemente di aggiornare all’abbonamento Pro. Nel nuovo Metaverso comunale, le riunioni del Consiglio si tenevano in modalità Battle Royale: vinceva chi eliminava più avversari a colpi di fake news sulla mitigazione climatica. Matthew si era trasformato in un salva-schermo carismatico che prometteva in loop tram e piste ciclabili da comprare con monete virtuali, ma che solo ciò che rimaneva di Collazione Civica guardava con aria ammirata. I cantieri, invece, non erano spariti. Ogni cittadino doveva affrontarne almeno uno per accedere alle zone sbloccate della città. Intanto, l’Avatar del Candidato Fantasma Massanti, ora sindaco assoluto, annunciava la sua seconda promessa: «D’ora in poi, niente più votazioni. Ogni cinque anni, vi aggiorno io la patch. Siete tutti delle merde!»

La folla applaudiva come emoticons animati. Il mondo reale rimase sospeso, inutile, come un cantiere abbandonato. Tra le texture della città che si sfaldava comparve Hansy Lumen che disse soltanto: «Non siete più cittadini. Siete solo errori.» digitò una stringa di comando che nessuno comprese: while(existence){delete();} Rimase un vuoto bianco, immacolato. Hansy si sedette inspirò profondamente e, come se parlasse a sé stesso, sussurrò: «Ora possiamo cominciare.» E così la città entrò nella storia come la prima città che non esiste ma continuava ad essere inagibile.