Il Nido Cavazzoni, il Museo dei Bambini e il “verde educativo”
“Stanno coprendo il terreno attorno al Nido Cavazzoni con il materiale di scarto dell’asilo abbattuto. È l’area verde dei bambini, e invece di terreno vergine per il prato stanno stendendo macerie. È contro ogni norma. Bisogna far intervenire gli organi ufficiali per fermare questa operazione insensata.”
Sembra un messaggio di ordinaria follia urbana, e invece è solo un giorno qualsiasi in un cantiere. Le immagini mostrano uno scavatore che stende macerie e materiali di demolizione nell’area verde attorno all’asilo. Secondo la normativa i materiali derivanti dalla demolizione di un edificio non possono essere considerati sottoprodotti, ma vanno qualificati come rifiuti speciali e gestiti di conseguenza.
Le macerie possono contenere polveri, frammenti metallici, materiali che richiedono bonifica o almeno trattamento. Devono essere raccolti, caratterizzati, trasportati e smaltiti o recuperati da imprese iscritte all’Albo Gestori Ambientali. L’occultamento sotto il suolo può configurare gestione illecita di rifiuti (art. 256 del D.Lgs. 152/2006), punita anche penalmente.
Nel caso — che mi auguro — siano state effettuate le necessarie analisi e le eventuali bonifiche, ciò andava comunicato ai residenti. Aspettarsi, nel consueto vuoto informativo del Comune, che nessuno si facesse domande mentre vedeva spargere scarti edili nel terreno dove dovrà crescere un prato per bambini, è un atto di ingenuità o di presunzione.
Un altro messaggio racconta la stessa logica applicata a pochi metri di distanza: “Scrivo rispetto a quello che potrà accadere al Pilastro in occasione dell’inizio dei lavori di costruzione del ‘Museo dei bambini’. Come persona che lavora al Pilastro da molto tempo ho assistito a lavori selvaggi sulla natura di quell’area. Ultimo proprio oggi: sono venuti a capitozzare due alberi in via Panzini e con altri lavoratori abbiamo inutilmente tentato di impedire lo scempio. Siamo molto preoccupati per la distruzione degli alberi che potrà avvenire. Abbiamo già iniziato a vigilare e invitiamo chi può a farlo.”
Un museo per i bambini costruito sul sacrificio degli alberi è la parabola perfetta di una città che scambia l’educazione per edilizia. Bologna continua a comportarsi come una ditta di movimentazione terra travestita da capitale ecologica. Dove un albero è un problema di manutenzione, un prato è una perdita economica e un bambino è un testimonial da mettere in copertina nel rendering. I messaggi riportati non sono semplici segnalazioni: sono atti di resistenza civica.
Chiedono che qualcuno guardi, che qualcuno documenti e vigili. In una città che parla di “cura” come se fosse un brand, non resta che ricordare: la cura non si appalta. Si esercita. Anche solo dicendo no, anche solo filmando una ruspa.