L’amnesia collettiva come progetto urbano

C’è un momento, nella vita pubblica, in cui tutto sembra chiaro.
Un’inchiesta esplode, un sindaco promette, un comunicato istituzionale rassicura. Parole come trasparenza, legalità, rigenerazione, partecipazione danzano per qualche giorno come coriandoli in un carnevale istituzionale. Poi il tempo passa. Nell’universo iper-accelerato dell’infodemia, oltre alla memoria si perdono anche i fatti.
I cantieri e la memoria corta
Giugno 2025. Un filone di indagine della magistratura torinese rivela che una delle imprese coinvolte in un progetto di rigenerazione urbana a Bologna era sottoposta ad interdittiva antimafia. Il sindaco promise “massima trasparenza” e la sospensione delle ditte coinvolte. Ma oggi, cinque mesi dopo, tutto tace. Rumors parlano delle stesse imprese ancora attive — forse fake news, forse no. Ma il vuoto di comunicazione istituzionale non aiuta. Nessun aggiornamento pubblico, nessuna conferma né smentita sulla sospensione degli affidamenti, nessuna notizia di verifiche antimafia o revoche. La questione si è dissolta nel limbo dell’indifferenza amministrativa. A fine luglio 25 la magistratura torinese sospende la sentenza del Tar del Piemonte che aveva confermato l’interdittiva antimafia emessa nell’ottobre 2024. Nelle motivazioni si legge che “la situazione attuale della società consente di escludere una permeazione mafiosa”, e che i rapporti con ambienti criminali anche se gravi – sono “occasionali, marginali rispetto all’attività principale ”. La misura del controllo giudiziario viene definita “non afflittiva”, e quindi compatibile con la continuità operativa. Qui entra in gioco la logica strutturale: troppo utile per essere colpevole. Il Tribunale lo dice esplicitamente: un blocco totale avrebbe effetti devastanti sull’economia e sull’occupazione. Questo sposta il baricentro dalla giustizia alla sostenibilità economica: il principio di legalità viene subordinato alla continuità del sistema produttivo. È un segno di biopolitica dell’economia, dove la sopravvivenza della macchina economica prevale sulla sanzione etica.
L’interdittiva antimafia è emessa dalla Prefettura, su proposta della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) o della Procura della Repubblica. Il Comune di Bologna avrebbe dovuto avviare una propria valutazione sulla base dell’interdittiva originaria o la sentenza della magistratura torinese è applicabile sul territorio bolognese?
È automaticamente recepita dagli enti locali?
Comune di Bologna – progetto Casaralta
Le ’ndrine e le gare al rialzo
Nei documentari di Libera sull’infiltrazione delle cosche nel settore della ristorazione, un dettaglio emerge con forza: i bandi pubblici per la concessione di locali comunali, spesso gestiti con logiche di gara al rialzo, diventano un’esca irresistibile per chi dispone di liquidità e interessi opachi. Bologna è citata tra le città dove questo rischio è più alto.
Oltre le querele e le intimidazioni ricevute da Libera, è cambiato qualcosa?
Sono state introdotte misure concrete per evitare che l’economia mafiosa si infiltri nel tessuto urbano e commerciale della città?
- Articolo21 – “Libera Bologna sotto attacco”
- YouTube – Libera, “La mafia è servita” (estratto 1)
- YouTube – Libera, “La mafia è servita” (estratto 2)
L’amnesia come forma di governo
L’oblio politico non è dimenticanza: è arte. Arte di trasformare scandali in parentesi decorative, promesse in storytelling e fallimenti in transizione. È lo strumento dell’amnesia ante-retrograda del potere: far dimenticare ciò che è stato detto ieri, ciò che era stato promesso per domani, chiedendosi come si sia potuti arrivare fino all’oggi.
Serve a trasformare ogni scandalo in parentesi, ogni promessa in storytelling, ogni fallimento in “transizione”. È lo strumento dell’amnesia ante-retrograda del potere: far dimenticare ciò che è stato detto ieri, ciò che era stato promesso per domani, chiedendosi come si sia potuti arrivare fino all’oggi. Risposta: nell’oblio dello scarto tra promessa e risultato. C’è un interrogativo che aleggia su Bologna, e su tutte le città che oggi si definiscono laboratori del PNRR: com’è possibile che un flusso finanziario così imponente, rapido e centralizzato, non generi zone grigie? È possibile che, nella corsa al cronoprogramma, non si sia lasciato spazio a superficialità nei controlli, nei subappalti o reti d’intermediazione opache? Domande semplici, destinate a dissolversi come bolle di sapone in un ecosistema politico dove, quando il vantaggio è distribuito equamente, il dubbio evapora più in fretta di un hashtag.