Le culture

Storie di lotta e resistenza al nuovo colonialismo digitale di Airbnb

Da un decennio si assiste a un nuovo fenomeno che si aggiunge al processo di gentrificazione già avvenuto, la turistificazione e della sostituzione di una popolazione residente con una temporanea”, scrive Sarah Gainsforth in Airbnb città merce, storie di resistenza alla gentrificazione digitale (Derive approdi, 2019). Nonostante il testo sia ricchissimo di analisi, dati e fonti documentate, risulta una lettura appassionante. Il mito tutto americano dell’origine, la storia di due giovani che per riuscire a pagare l’affitto si inventano di condividere a pagamento un materasso ad acqua (airbed&breakfast) nel loro appartamento di San Francisco e dal 2008 pensano di farne un’attività di sharing economy democratico, solidale e pure divertente e dopo le prime difficoltà riescono a farne addirittura un business di successo, viene sfatato da un attento debunking che rivela retroscena e implicazioni importanti, indaga sui veri attori dei finanziamenti delle startup, sui meccanismi del nuovo capitalismo digitale che hanno fatto di Airbnb l’esempio più straordinario di come le piattaforme digitali abbiano potuto in pochissimi anni trasformare le nostre città, le nostre abitudini e l’intera economia mondiale. Ma le pagine più avvincenti restano quelle dedicate ai nuovi movimenti sociali che insorgono contro Airbnb e la gentrificazione digitale usando i mezzi della legalità. Qualche esempio: se Airbnb rifiuta di pubblicare i suoi dati, il portale InsideAirbnb mappa e analizza gli annunci delle principali città e rende i dati gratuitamente disponibili alle amministrazioni locali perché possano monitorare e controllare il rispetto delle regole in corso sulle locazioni ordinarie; si indicono referendum cittadini per limitare il numero di notti in locazione e distinguere l’attività occasionale da quella professionale; si perde a San Francisco ma a New York si ottiene la stabilizzazione del controllo pubblico sul prezzo degli affitti, e quando gli strumenti in mano agli enti locali non sono sufficienti, a Parigi per esempio, si fa pressione per introdurre leggi nazionali; per affrontare l’emergenza abitativa e contrastare le attività di lobbying esercitate da Airbnb, 10 città si appellano all’Unione Europa. La città di Amsterdam firma il suo appello: “le case dovrebbero essere utilizzate in primo luogo e soprattutto per essere abitate. Molte città soffrono di una grave carenza di alloggi. Dove le case possono essere utilizzate in modo più redditizio per affitto ai turisti, esse scompaiono dal mercato immobiliare tradizionale, i prezzi salgono ulteriormente e l’edilizia in cui i cittadini che vivono e lavorano nelle nostre città è danneggiata. Le città devono tutelare l’interesse pubblico ed eliminare gli effetti negativi degli affitti brevi turistici. Per tanto i governi locali dovrebbero avere la possibilità di introdurre le proprie norme a seconda della situazione locale”; Italia, Spagna, Portogallo e Grecia si coalizzano nella Rete SET (Sud Europa contro la Turistificazione), a Bologna nel Laboratorio per il diritto alla Città “Pensare Urbano”; la Fairbnb Canada di Toronto riesce addirittura a far approvare una norma che vieta l’attività di Airbnb: “Abbiamo fatto molta ricerca e ci siamo organizzati, abbiamo informato la cittadinanza e fatto pressione per far approvare leggi a proteggere il mercato residenziale ordinario; siamo un’organizzazione molto eterogenea di attori che rappresentano diversi interessi e classi sociali e per questo riusciamo a far valere i nostri diritti: non rappresentiamo un unico punto di vista, ma quello convergente di molte realtà, dagli inquilini ai proprietari di case, ai proprietari di condomini, ai sindacati, che difendono gli interessi della comunità tutta. Per questo i politici non possono ignorarci o screditarci”. Un vero manifesto di resistenza alla gentrificazione digitale: tanti punti di vista, un unico obiettivo, difendere il diritto di abitare a casa propria.

Focus

Airbnb come movimento politico

Airbnb adotta strategie per combattere e ribaltare le norme restrittive studiate per regolare la sua attività nelle città, investe in attività di marketing finalizzate a costruire, affiliare e consolidare una piattaforma di utenti in grado di fare pressioni sulle politiche urbane e spostare voti a proprio favore. Ha assunto lo stratega Douglas Atkin (uno dei fondatori di Meetup, il network online scelto dal Movimento5Stelle, tra i suoi clienti Google) per fare di Airbnb un movimento dal basso della classe media da confluire in una solida comunità. Le operazioni di marketing e comunicazione sono proprie di una campagna elettorale, gli hosts vengono perfino ridefiniti voters. Nel 2015 Airbnb vince il Proposition F, il referendum indetto dalla Sharebetter, la comunità di inquilini che voleva limitare le notti di locazione turistica all’anno.

La politica è gestita come un’impresa, le città brand, i cittadini comunità di clienti fidelizzati sul valore condiviso dell’interesse individuale.